Studio per putto e particolari anatomici
Federico Barocci
Anni ‘60 del Cinquecento
Penna e inchiostro bruno, pietra nera
Collezione Ubaldini
I 275.306 verso
Il foglio costituisce il frammento di una composizione più ampia che, come nel caso del disegno presente sul recto, risulta rifilata su tutti i lati, probabilmente per ricavare più fogli da collezione a partire da un unico palinsesto. Vi è raffigurata la parte inferiore del corpo di un amorino, identificato nel 1997 da Fontana come una copia della figura visibile nella lunetta immediatamente a sinistra di quella con Amore e le Tre Grazie, parte del celebre ciclo ad affresco con le Storie di Psiche, realizzato da Raffaello e dalla sua bottega nella loggia della Villa Farnesina a Roma tra il 1508 e il 1512. Lungo il margine sinistro del disegno si osserva il profilo, tracciato a penna e inchiostro, di un putto visto di spalle, derivato da un calco su vetro della figura schizzata sul recto. Si tratta di un dettaglio tecnico particolarmente interessante, che consente di apprezzare la disinvoltura con cui Barocci — forte anche della sua esperienza di incisore — era solito invertire liberamente la lateralità delle figure, studiandole da più punti di vista e ricomponendole secondo le proprie esigenze compositive. Baroni (2025) ha reinterpretato il foglio come parte di un nucleo di precoci studi giovanili di Barocci tratti da Raffaello, caratterizzati da uno stile ancora incerto ma accomunati da una specifica attenzione ai modelli della Farnesina. Questi disegni sono riferibili al primo soggiorno romano dell’artista, condotto – secondo quanto riportato da Bellori (1672, p. 171) – attorno al 1553, quando Barocci aveva circa vent’anni. A questo gruppo appartengono anche il foglio di Firenze, Uffizi, inv. 11367 F recto, con la copia del Mercurio raffaellesco; il 11367 F verso, sempre agli Uffizi, che riproduce la scena delle Tre Grazie; e il foglio conservato a Cambridge, Fitzwilliam Museum, inv. PD.70-1948 verso, dove Barocci riproduce rapidamente alcune figure del Trionfo di Galatea. Come dimostrato, da ultimo, da Baroni (2025, con bibl. prec.), l’attenzione di Barocci per l’opera raffaellesca – un tema tradizionalmente condiviso da tutti gli artisti attivi o di passaggio a Roma – si colloca all’interno di una più ampia operazione di studio, analisi e documentazione condotta con metodo dall’urbinate sui modelli del suo grande predecessore. Disegni come quello qui discusso vennero verosimilmente conservati nello studio dell’artista, costituendo un repertorio da cui trarre spunti per future invenzioni. Il caso del foglio di Urbania, riutilizzato circa dieci anni dopo sul recto per uno schizzo relativo al cantiere decorativo della Casina di Pio IV, attesta non solo la lunga permanenza di questi materiali grafici nella bottega di Barocci, ma anche il loro uso costante e adattabile nel tempo.
Scheda a cura di Luca Baroni